Che nostalgia, ad anni di distanza dalla trilogia del SDA, ritrovarsi di nuovo al cinema per una nuova trasposizione dai libri di Tolkien! Un vero salto nel passato!
Ma la sensazione di deja-vù deve aver accompagnato anche tutti quelli che, come la sottoscritta, andarono a vedere il Signore degli Anelli: il nuovo film di Peter Jackson, infatti, non ha proprio niente di diverso o innovativo.
Non solo stessi luoghi ed atmosfere, ma anche scene riprese tali e quali. Per non parlare della colonna sonora... fatico ad affermare che Howard Shore abbia composto della nuova musica, visto che le melodie erano quelle che conosciamo benissimo!
Insomma, al di là di voler rendere la nuova trilogia filologica a quella vecchia, Jackson è voluto andare molto, molto, sul sicuro...
E si, una trilogia. Perché da un libro ha voluto tirare fuori ben tre film (e ha anche affermato che non l'ha fatto per motivi economici!): com'era ovvio, quindi, Lo Hobbit la tira per le lunghe (specialmente nella prima parte), e temo che dovremo abituarci all'idea anche per gli episodi successivi...
Detto questo, i difetti finiscono qui. Lo Hobbit è una gioia per gli occhi, proprio come lo era Il Signore degli Anelli, e per fortuna è molto meno peggio di quanto mi aspettassi!
È stato bello, quasi confortante, ritrovare Gandalf e gli altri: la sensazione di rivedere dei vecchi amici, che avevamo imparato ad amare con simpatia, e che non vedevamo da tanto tempo...
Ma anche i nuovi personaggi convincono, Martin Freeman su tutti. Non c'è dubbio che sia all'altezza del ruolo da protagonista, e Jackson ha centrato ancora il bersaglio, scegliendo un attore non così conosciuto.
Il preambolo iniziale, ovvero quello in cui si racconta la storia dei nani di Erebor e dell'arrivo di Smaug, è forse il mio pezzo preferito del film: è epico, e riflettendoci è pure l'unico pezzo narrato e credo che sottolinei il fatto che le grandiose epopee inventate dallo scrittore, non abbiano bisogno di nessun supporto per essere tali.
Abbastanza comprensibile l'idea di far introdurre la vicenda allo stesso Bilbo, il quale ormai anziano e in procinto di lasciare il proprio fardello a Frodo, la racconta mentre scrive le sue memorie: il film, insomma, inizia nello stesso punto della trilogia, cosa che lo spettatore accetta con naturalezza.
Ne Lo Hobbit ho trovato anche momenti divertenti ed ironici, decisamente mancanti nei film precedenti: tanto per citarne uno, l'arrivo dei nani che invadono la casa del povero Bilbo, vi si installano e in men che non si dica gli spazzolano tutte le scorte di cibo!
L'entrata in scena più bella è ovviamente quella di Thorin, che qui vediamo essere il leader similmente al ruolo che ricopriva Aragorn. Thorin e Bilbo sono speculari: il primo è un eroe dichiarato e riconosciuto, ma che spesso e volentieri si fa accecare dal proprio orgoglio; il secondo è l'eroe che non t'aspetti: un borghese che pare tutto casa e pantofole, ma che nelle situazioni più difficili è capace di slanci di coraggio insospettabili.
Lo stesso Gandalf ammette d'avere imparato che, curiosamente, non è vero che per opporsi ad una grande potenza (maligna) serva necessariamente un'altra grande potenza, e lo fa proprio davanti a Saruman, il quale fatalmente non è in grado di capire. D'altronde lo stesso Tolkien ha fatto de Il Signore degli Anelli e de Lo Hobbit un'epopea degli umili: il racconto è senza dubbio epico, ma i veri eroi sono gli umili.
E dunque, anche questa volta si tratta di un piccolo hobbit; è lo stesso principe dei nani a diffidare di lui, reputandolo insignificante, eppure quel piccolo hobbit darà il via ad un'incredibile serie di eventi...
Della trama non voglio svelarvi troppo: Lo Hobbit è un'immersione nel puro fantasy e come tale va gustato... vi ritroverete tutti gli ingredienti che vi hanno fatto amare le pellicole precedenti, compreso un Gollum schizofrenico all'ennesima potenza!
Vorrei fare un ultimo appunto su Radagast, personaggio che nel libro è appena abbozzato: il regista gli ha dato una caratterizzazione da animalista al limite del fanatismo. Lo fa persino spostare sulla slitta (direi che siamo in accordo col periodo natalizio, anche se gli animali che la tirano sono dei conigli), e lo dipinge come un outsider mezzo spostato che vive da solo nella foresta, ai margini del mondo.
È differente dagli altri due istari Saruman e Gandalf (che sono cinque in tutto, ma dei due stregoni blu Tolkien non ci dice nulla): Saruman se ne sta' rinchiuso nella sua torre, da dove vede tutto e pensa di sapere tutto; Gandalf, invece, è in continuo movimento e vive tra gli uomini, e proprio per questo è a conoscenza di tutte le trame della Terra di Mezzo. Ed è per questo che forse è il preferito dello spettatore, con quell'aria saccente e lo sguardo di uno che prevede già come andrà a finire.