Me & i depeche...

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I depeche non sono stati tra le prime band che ho ascoltato.
Per molto tempo ho ascoltato praticamente solo punk, ignorando qualsiasi altro genere e potete ben capire come l'elettronica si malconciliasse con i miei gusti passati...
Poi, qualcuno mi ha prestato Playing The Angel, ed ho iniziato a pensare: "beh, però anche se fanno pop-dance sono bravi...". Alla fine ho apprezzato moltissimo quell'album, ma non ho approfondito la conoscenza sino a quando uno o due anni dopo ad un amico è stato regalato il loro best of.
Il disco non gli piaceva, perciò me lo sono fatto dare io, e dà li poi ho iniziato ad approfondire la conoscenza e ad amarli sul serio... Nonostante la pop-dance sia un genere che ancora non bazzico molto, preferendo roba più rock, ci sono vari motivi per cui amo i Depeche Mode e per i quali li ritengo superiori a molte rockband che girano adesso. I più importanti:

  1. sono veri Artisti
  2. pur non facendo musica rock, sono molto più credibili, validi ed onesti di parecchia gente che fa quel genere e nelle loro canzoni trattano temi di quel genere, oltre ad avere un cantante assolutamente rock: Dave Gahan.
  3. dal vivo sono fantastici (ed anche questo punto li mette sullo stesso piano di una rockband)
  4. Dave Gahan è un'icona
Sono certa di non essere l'unica ascoltatrice rock che la pensa così... d'altra parte bisogna anche dire che il caso dei Depeche Mode è più unico che raro, non penso che nessun altro riuscirà ad eguagliare i livelli e la trasversalità di pubblico che hanno ottenuto loro partendo come uno dei tanti gruppetti synth-pop nei terribili anni'80. Nel passaggio al nuovo decennio sono caduti molti artisti altrettanto bravi, ma non loro.
Perché? Fortuna? 
Anche... ma soprattutto hanno avuto l'intelligenza di rinnovarsi e di mantenere sempre alta la qualità dei loro lavori, per questo ora sono diventati un gruppo cult, amato da tutte le generazioni.
Eppure, come lamentava Martin Gore in un'intervista di qualche anno fa, il loro ambiente non li considera allo stesso modo: vengono tenuti fuori dai concertoni e da certe manifestazioni mondiali solo perché fanno elettronica.
Beh, tanto questo non li danneggia per niente. 
E gli organizzatori di quei concerti possono anche continuare a snobbarli, facendo salire sul palco band che si definiscono rock solo perché hanno il chitarrista, ma in realtà sono più false del debito.
E loro non hanno mai avuto bisogno di nessun tipo di pubblicità, perché si pubblicizzano benissimo da soli attraverso i video e l'immagine che si sono creati... e certo, anche attraverso la sensualità di Dave!
Non c'è sponsor migliore del suo sedere sexy e del suo petto nudo durante i live, credetemi... Dave è una divinità, anche se lui tende a negare e a ridicolizzare il suo ruolo.
Ma la verità è che è lui il cantante rock più sexy del mondo (non solo per la verve, ma anche vocalmente): più sexy di Bono, di Chris Martin, di Thom Yorke ecc.. 
Gli altri gli fanno un baffo a Dave, che a cinquant'anni e passa, è persino meglio che agli esordi (anche questo caso più unico che raro)!
Ma ritorniamo alla musica, che è il motivo principale per il quale sono rimasti sulla cresta dell'onda per tutti questi anni: oltre ad aver piazzato canzoni che sono pietre miliari nella memoria collettiva uditiva di tutti noi, hanno fatto scuola a tutte le altre band di elettronica che sono venute dopo di loro. Quasi tutti hanno preso ispirazione e gli devono qualcosa.
I Depeche Mode posseggono qualcosa di inimitabile, non c'è che dire. Forse hanno venduto veramente l'anima al diavolo.


LE MIE CANZONI PREFERITE
(in ordine puramente casuale e dopo un'ardua selezione)
Somebody
Just Can't get Enough
Stripped
Policy of Truth
Shake The Disease
It's No Good
Blasphemous Rumors
New Life
Clean
One Caress
A Pain That I'm Used To
See You
Personal Jesus
Enjoy The Silence
But Not Tonight
Walking In My Shoes
Judas
...

"A Broken Frame" dei depeche mode: la coverart

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1982: Vince Clarke è uscito dal gruppo e la band, al secondo album, vuole dimostrare di non essere solo un fuoco di paglia.
Avevano un'immagine da imbranati col sintetizzatore, racconta Martyn Atkins, designer della cover, e cercarono di crearsi una credibilità da band underground attraverso un'iconografia di stampo russo.
L'autore della fotografia è Brian Griffin, il quale aveva già lavorato per la cover di "Speak And Spell" (una sorta di cigno "impacchettato" su un nido fasullo, con dietro una  luce rosso fuoco, eccola) ma i Depeche non erano stati affatto contenti del risultato, addirittura lo odiavano, decidettero però di dargli una seconda possibilità con "A Broken Frame", ed ebbero ragione: nel 1989 la cover entrò nella lista dei migliori scatti del decennio secondo la rivista Life.
A quell'epoca Griffin nutriva una grande passione per l'arte tedesca e quella russa, in particolar modo per il  realismo socialista dell'epoca di Stalin. In particolare andava pazzo per le rappresentazioni di contadini durante il raccolto e il lavoro nelle fattorie.
Per illuminare la figura ed il campo, Griffin utilizzò tre luci: una di fronte, una di lato ed una dall'alto, così che la contadina e il grano sembravano sfidare la cupezza del cielo. La pioggia era caduta per tutta la giornata, rendendo quasi impossibile scattare la foto, ma nel momento in cui venne montato il set il cielo si aprì, regalando uno scenario fantastico. Griffin chiese poi alla modella di indossare in testa un fazzoletto rosso, per creare un ulteriore contrasto cromatico.
Il costume della contadina venne disegnato dallo stilista Jaqui Frye, che racconta: volevamo che assomigliasse a una russa che raccoglie il grano. In realtà è una metafora della vita e della morte: te la trovi davanti agli occhi ed è inevitabile.
La copertina è magnifica e l'atmosfera cupa e minacciosa del cielo riflette la svolta nella musica del disco, tuttavia personalmente ritengo sia improbabile che autore e designer non si siano accorti dell'evidente somiglianza col quadro di Vincent Van Gogh "Il Seminatore", che tra l'altro esprime proprio lo stesso concetto di vita e di morte.
Lungi da me volerli mettere a confronto, quello di Van Gogh è un capolavoro, io l'ho visto dal vivo e posso assicurarvi che la potenza del sole raggiante è incredibile: la luce emanata dal sole è così "assoluta" che sembra uscire dalla tela, ed illuminare tutto lo spazio circostante.
Vabbè, diciamo che l'hanno "citato"... Comunque, più che di Van Gogh, il fotografo Brian Griffin era un estimatore di un altro pittore, ovvero Caspar David Friedrich (pittore romantico tedesco di inizio ottocento, maestro del paesaggio e della luce) ed in particolare del suo modo di rappresentare la morte.
Il campo in cui è stata scattata la foto si trova a Cambridge: la fotografia venne scattata alla fine della stagione del raccolto, perciò Atkins dovette cercare per giorni un campo ancora intatto.

depeche gallery/1: Anni '80

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Capigliature cotonate, mise improbabili o a dir poco kitsch... si sa, gli Ottanta non sono stati il massimo sotto il punto di vista del buon gusto, e neanche i Depeche Mode facevano eccezione (anche se, bisogna dirlo, c'erano altri molto peggio di loro...): eccovi una gallery che li propone in salsa eighites.
Le foto dei primi anni, che li mostrano come quattro sbarbatelli fanno impressione, comunque la mia preferita è quella coi maglioncini... ;)

25 FOTO
(le prime 7 HQ)


























Blasphemous Rumors

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Non credo che tutti avrebbero avuto il coraggio di scrivere un testo come quello di Blasphemous Rumors, ancor di più un gruppo pop. Ma l'arte, si sa, è libera, e le parole di Martin Gore esprimono con chiarezza un punto di vista largamente diffuso (anche da me), in pratica: perché se Dio esiste accadono certe cose?.
Nelle strofe si parla di due storie di due ragazze molto giovani, entrambe finite male, una morta suicida e l'altra in un incidente stradale, mentre i versi del chorus martellante, diventati famosissimi, dicono: Ma penso che Dio abbia un macabro senso dell'umorismo /e quando muoio mi aspetto di trovarlo che ride.

Per quanto riguarda il mio punto di vista sulla cosa, ho sempre pensato che per le persone a cui non è mai accaduto niente di veramente grave (e sottolineo veramente) nella vita, sia fin troppo facile credere in Dio ed essere religiosi... se invece ti succedono, sei portato inevitabilmente a farti domande, e con ogni probabilità, non ne uscirai fuori facilmente e comunque non con le medesime convinzioni di prima.
Il punto è questo: le cose accadono per una ragione? E se accadono senza ragione "perché proprio a me"?
Se dio esiste, deve avere veramente un umorismo malato per accettare che accadano, specialmente il nostro dio cristiano: non esiste niente in grado di giustificare un grande dolore, NIENTE.
Non accetto che la religione mi venga a dire che devo soffrire per questo o per quello: NON LO MERITA NESSUNO. A tal proposito si veda l'ottusità della Chiesa riguardo a questioni attualissime come l'eutanasìa: la religione deve starne fuori! Esiste qualcosa che va al di là della religione, ed è il senso di umanità nella sua accezione più ampia possibile: NOI SIAMO ESSERI UMANI ANCOR PRIMA DI ESSERE CREDENTI!
C'è gente che reagisce alle tragedie attaccandosi ancor più fanaticamente alla religione, ed altri che smettono di credere. Mi rendo conto che si tratta di un argomento forse troppo complesso da affrontare in uno spazio come questo soprattutto perché tira in ballo un tema che secondo me è ancora più delicato della fede: il dolore umano. Lungi da me imporre un'opinione che è solo la mia.
L'unica cosa certa, è che a chi rimane o a chi sopravvive, non resta altro da fare che accettare i nostri limiti in questa vita.

Girl of 16
Whole life ahead of her
Slashed her wrists
Bored with life
Didn't succeed
Thank the lord
For small mercies

Fighting back the tears
Mother reads the note again
16 candles burn in her mind
She takes the blame
It's always the same
She goes down on her knees
And prays

I don't want to start
Any blasphemous rumours
But I think that God's
Got a sick sense of humour
And when I die
I expect to find Him laughing

Girl of 18
Fell in love with everything
Found new life
In Jesus Christ
Hit by a car
Ended up
On a life support machine

Summer's day
As she passed away
Birds were singing
In the summer sky
Then came the rain
And once again
A tear fell
From her mother's eye



Voci blasfeme

Ragazza 16enne, tutta la sua vita davanti
Tagliatasi le vene, stanca della vita
Non ce l'ha fatta, rendiamo grazie a Dio
Per [queste] piccole misericordie

Combattendo [per trattenere] le lacrime, la madre legge di nuovo il biglietto
Sedici candeline bruciate nella sua mente
Si accolla lei tutta la colpa, è sempre la stessa scena
Si inginocchia e prega

[Ora] Non voglio dare adito a voci blasfeme
Ma penso che Dio abbia un macabro senso dell'umorismo
E quando muoio mi aspetto di trovarLo che ride

Ragazza 18enne, innamorata di tutto
Ha trovato una nuova vita in Gesù Cristo
Investita da una macchina, ha terminato la sua corsa
Su un macchinario che le rende possibile vivere

[Era] Un giorno d'estate, quando se ne andò
Gli uccelli stavano cantando nel cielo estivo
Poi venne la pioggia, ed ancora una volta
Una lacrima cadde dall'occhio di sua madre

[Ora] Non voglio dare adito a voci blasfeme
Ma penso che Dio abbia un macabro senso dell'umorismo
E quando muoio mi aspetto di trovarLo che ride

La storia dei Depeche Mode

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I Depeche Mode da Basildon, nell'Essex, vicino Londra, sono stati esponenti di spicco dell'elettropop, ma la loro carriera ha visto anche l'evoluzione da un suono scanzonato e morbido ad atmosfere cupe e angosciate, con la svolta dei primi anni 90. 
La storia di una delle band-chiave del synth-pop britannico inizia nel 1977 quando Andrew Fletcher e Vince Clark incontrano Martin Gore e insieme fondano i Composition Of Sound, nome che cambieranno qualche mese dopo, quando i tre sentiranno la necessità di un frontman, rinvenuto in un giovanotto che si cimenta in un locale con la cover di "Heroes" di Bowie. La voce calda di Dave Gahan entra nel gruppo, che decide di abbandonare definitivamente gli strumenti acustici per dedicarsi a tempo pieno all'uso dei sintetizzatori e della musica elettronica. Il riferimento principale dei primi Depeche Mode sono decisamente i Kraftwerk, e il successo riscosso durante le prime esibizioni dal vivo fa cercare alla band una casa discografica che possa pubblicare i loro primi lavori. 
Quando li vede esibirsi in un locale con dei synth appoggiati su supporti di fortuna, Daniel Miller della Mute si stupisce del valore della prima canzone ma si aspetta che, come in tanti altri casi, si tratti della classica apertura col botto di chi ha una sola carta da giocarsi. Quando però seguono un secondo brano e poi altri ancora, allo stesso livello, i giochi sono fatti: nasce così un sodalizio senza il quale la storia dei Depeche Mode non sarebbe quella che conosciamo.


Nel 1981 viene dato alle stampe il primo singolo, "Dreaming Of Me", prodotto dallo stesso Miller. Dopo l'uscita del secondo singolo, "New Life", i Depeche Mode capiscono che l'ascesa al successo si sta concretizzando. Lasciano dunque le loro occupazioni, dopo essersi esibiti alla famosa trasmissione della Bbc "Top of the pops". È il terzo singolo a dare lo slancio definitivo ai Mode, che piazzano "Just Can't Get Enough" all'ottavo posto della chart inglese. Il brano è il primo classico del gruppo, con una melodia molto semplice e accattivante (sarà anche uno degli inni principali delle discoteche gay dei primi anni 80). Nell'ottobre del 1981 gli fa seguito il debutto ufficiale su album. Speak And Spell (1981) è una raccolta di canzonette elettroniche spudorate e trascinanti. Dalle cantilene di "Boys Say Go!" e "Puppets" alle più cadenzate "No Disco" e "Tora! Tora! Tora!" è una parata di ritmiche gommose e ballabili, di synth scintillanti come luci al neon, un condensato di pura melodia pop senza alcuna pretesa o paludamento intellettualistico. 
Vertice assoluto è la maestosa vertigine disco di "Photographic", destinata a rimanere nelle orecchie di molti, tra cui i Bluvertigo di "Altre forme di vita".

Dopo il tour avviene una rottura tra Vince Clark (che fonda gli Yazoo) e il resto della band: il destino è incerto, così Martin Gore (già autore di due brani del disco d'esordio) decide di assumersi il ruolo di songwriter. 
Il risultato di questo salto nel buio è un gioiellino come A Broken Frame del 1982. La prima facciata è la più sorprendente, introdotta dalla battuta lenta e dalle atmosfere solenni e romantiche di "Leave In Silence", prosegue in un'atmosfera di densa malinconia autunnale, fino alle brume del singolo "See You". Anche questo, per quanto accattivante, è pervaso da un gusto per i climi notturni che prima era appena accennato, e che è in grado di trasfigurarne il semplice testo adolescenziale in qualcosa di più intrigante. Soprattutto, la voce di Gahan, qui già più profonda e baritonale, si sposa perfettamente con questi nuovi ambienti sonori: sono nati i Depeche Mode come li conosciamo. 
La parte più innovativa dell'Lp sono però le sonorità dure e i ritmi pulsanti di "Monument"e "My Secret Garden", nonché la romantica corsa notturna dello strumentale "Nothing To Fear". Il secondo lato mostra cose più simili ai Depeche Mode "leggeri" del primo album, come "The Meaning Of Love", ma è destinato a chiudersi con un'altro inno da spleen adolescenziale, la dolce sonata di "The Sun and the Rainfall": il caldo della voce di Gahan e il freddo dell'elettronica, l'amore romantico in vesti di plastica e latex, secondo i dettami degli anni Ottanta.

La malinconia sospesa di questo disco non avrà seguito, perché la band, in mezzo a una sequela di hit quasi ininterrotta (tra cui una ruffianissima "Get The Balance Right") condurrà su album come Construction Time Again, dell'83, e Some Great Reward, dell'anno seguente, un percorso di continua evoluzione. Uno dei tratti fondamentali di questo processo è l'inasprirsi continuo dell'elemento ritmico, con l'inserzione di martellanti drum machine e di stranianti sonorità metalliche. Questi elementi provengono da un gusto per i suoni "trovati" e per una pratica di proto-campionamenti derivata dall'industrial. Fondamentale per questo è l'ingresso in formazione di Alan Wilder nel ruolo di arrangiatore e artefice del suono (oltre che autore di alcuni pezzi).
Brani come "Everything Counts" e "Master And Servant" riescono a traghettare nell'ambito del singolo da discoteca queste innovazioni, producendo un effetto di straniamento che è quello della migliore pop music: sperimentazione sui suoni e ritornelli da cantare in coro. Il melodismo travolgente degli esordi non è mai tradito o messo in discussione, ma è anzi esaltato da suoni corposi, oscuri, sexy. Una formula d'oro per una band che saprà far convivere successo e qualità artistica, alla faccia dei detrattori e degli alfieri della classicità rock.

Some Great Reward presenta i cambiamenti ormai assimilati e un gruppo ormai pronto a spiccare il salto. "Something To Do" mette subito in campo un arrangiamento lussureggiante per accumulo di particolari e stratificazioni di suoni, che è tutto il contrario della semplicità dei dischi precedenti all'ingresso di Wilder. Questa scelta stilistica si rivela una strada senza ritorno, caratterizzando l'intero Lp. Melodie di facile presa come quelle di "People Are People" e "Master And Servant" si trovano così immerse in una cornucopia di effetti di ogni genere, a volte anche bizzarri, ad evidenza del senso di libertà provato da una band che si sta avventurando in un campo tecnologico inesplorato, privo di punti di riferimento. 
Il coraggio paga e le porte del successo si aprono anche negli Usa. Agli estremi dello spettro ormai variegato coperto dalla band sono altri due brani chiave: il romanticismo soulful della ballata pianistica "Somebody", eseguita in solitaria da Gore, e l'incubo percussivo di una "Blasphemous Rumours" nera come la pece almeno fino alla schiarita del ritornello: "I don't wanna start any blasphemous rumours/ but I think that God 's/ got a sick sense of humour/ and when I die/ I expect to find Him laughing".


Negli anni Novanta il periodo dei primi quattro album ha subito un'opera di "revisionismo storico" da parte di un Gore disposto a dichiarare che "la vera storia dei Depeche Mode comincia con 'Black Celebration'" e a escludere i vecchi pezzi dalle scalette dei concerti. Ora che l'elettronica è diventata il suono predominante della musica pop non c'è più alcun motivo di credere a queste parole, e non resta che considerare queste opere come parte di una evoluzione stilistica in realtà piuttosto graduale.

In effetti è però innegabile che Black Celebration nel 1986 abbia operato una svolta decisiva nella musica dei Depeche Mode. La voce di Gahan si fa più cupa, ma mantiene il fascino che aveva mostrato in alcuni episodi dei precedenti album. Le sonorità sono decisamente più mature, con Gore che ha imparato a dosare le tastiere in modo da creare atmosfere oniriche (la title track, "Stripped"), che non rinunciano a riffaggressivi ("A Question Of Time") e a momenti di dolcezza ("Sometimes" e "A Question Of Lust"). 
Dall'epico crescendo di "Black Clebration" fino alla desolazione di "New Dress", l'album propone un suono stratificato e denso, che poco ha ormai a che fare con l'elettropop e molto, come attitudine e sonorità, col rock da stadio. 
Il cuore del disco è la liturgia solenne di "Stripped", dove muri di tastiere chiesastiche si trovano ad avvolgere la voce del Gahan più macho e sexy mai sentito: sacro e profano, come nel blues, e la linea dei "Blasphemous Rumours" è destinata a continuare.


Il momento "cupo" della band continua con Music For The Masses (1987), che contiene due dei pezzi più belli dei Depeche Mode versione "rock": "Never Let Me Down Again" e "Behind The Wheel". 
"Never Let Me Down Again" è un inno rock da ascoltare in macchina a tutta velocità, esaltandosi ad ogni montare del refrain pianistico sull'onda del denso corpo sonoro. "Behind The Wheel" riporta in discoteca questo suono oscuro e fatalista, mentre la più cadenzata "Strangelove" propone un Gahan ormai dannato nel suo abbandonarsi agli eccessi e ai peccati della notte.
I Depeche Mode hanno ormai fatto loro il connubio tra paesaggi sonori desolati e ritmi ballabili che già aveva reso forti certe produzioni di Moroder o "Blue Monday" dei New Order, ma sono intenzionati a fare della musica elettronica uno spettacolo da arene rock. Il culmine della loro ambizione populista sarà raggiunto nell'epico concerto al Rose Bowl di Pasadena immortalato da D.A. Pennebaker nel video "101".
Con quest'ultimo disco comincia intanto la fase dei video in bianco e nero dei Mode, girati da Anton Corbjin (futuro regista del film "Control" su Ian Curtis), decisamente suggestivi e di ispirazione dark. Martin Gore mette un po' da parte i synth per dedicarsi alla chitarra elettrica, e la batteria si insidia prepotente nei nuovi album. 

I Depeche Mode sono un gruppo che vive di contrasti e dualismi, uno dei quali è del tutto interno a Martin Gore. E' lui che scrive tutti quei testi pieni di rese al peccato ("I give in to sin again and again") e slanci purificatori ("I'm a firm believer"), tra amore sacro (poco, in effetti) e passioni profane (in abbondanza). L'altro dualismo è al contrario esterno: quello tra il Gore paroliere e il Gahan cantante, ma anche tra la voce efebica del primo (si senta "Somebody") e quella "da uomo" del secondo: l'innocenza e l'esperienza sono compresenti nella loro musica, come in ogni animo umano.

Non tutto è però rose e fiori: Gahan ha infatti seri problemi di depressione e di droga, e l'atmosfera fra i quattro componenti del gruppo è abbastanza tesa. Tutto ciò confluisce in Violator (1990), che risulta comunque un disco splendido, carico di emozioni e di tanti hit che frutteranno il maggior successo di critica ai Depeche Mode. Si parla ovviamente di "Personal Jesus" e "Enjoy The Silence", ma anche "Policy Of Truth" e "World In My Eyes" danno nerbo a un disco considerato da molti la vetta assoluta della band. 
Qui a dominare è la produzione di Flood, capace di traghettare definitivamente il gruppo fuori dalle stanze asfittiche dell'elettropop, approdando a un suono di ampio respiro, dove strumenti suonati e elettronica, calore e gelo convivono in simbiosi. Esemplare è la lineare parabola di una "Enjoy The Silence" trascinata da un semplice riff di chitarra e da un accompagnamento di lievi percussioni, in un ambiente accogliente ed elegiaco, che è forse la migliore creazione dei Depeche Mode. Altrettanto memorabile è "Personal Jesus", che parte con un incalzante refrain di chitarra blues e si allarga alla fine a sonorità elettroniche, sempre però mantenendo il suo ritmo tribale e sulfureo: sarà reinterpretata perfino da Johnny Cash. Colpisce però, in mezzo a tanti inni maestosi e roboanti, l'intimo pulsare ambient di una "Waiting For The Night", dove Gore è mattatore.


Il momento d'oro della band inglese continua con un altro disco cult per i fan, Songs Of Faith And Devotion (1993), ed è chiaro, non appena esplode la violenza di "I Feel You", che si è ormai lontani anni luce dal gruppo di "Just Can't Get Enough". Il disco è tutto giocato su una dicotomia feroce: da una parte duri brani dove elettronica oscura e chitarre affilate concorrono a creare ambientazioni soffocanti e diaboliche ("In Your Room", "Rush"), dall'altra atti di contrizione dove si canta la voglia di redimersi attraverso la luce del gospel. 
Quello che è cambiato, più ancora di un suono aggiornato alle più dure tendenze anni 90 (i My Bloody Valentine non sono passati inosservati) è l'atteggiamento della band, che ora sembra vivere sulla propria pelle i drammi e i pentimenti di cui parla, in un gioco dove la maschera truce del rock sembra trasformarsi in cruda realtà. 
Il dubbio più inquietante è che la discesa di Gahan nel cliché del maledettismo rock sia dovuta a un sospetto che egli nutre su se stesso: quello di essere un falso. In fondo è una voce che canta le parole e le canzoni di un altro, un sanguigno cantante rock alla guida di una band elettronica, basata sulla riproduzione degli strumenti reali attraverso le macchine. Questo la direbbe lunga sulle dinamiche psicologiche che possono sorgere all'interno di un gruppo pop, ma anche sulla difficoltà di accettare l'elettronica come forma di espressione fisica, autentica, anche da parte dei suoi stessi facitori, di fronte a un rock che ha già ricevuto la sua giustificazione intellettuale negli anni Settanta. 

Il nuovo singolo dei depeche + testo di "Broken"...

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Se c'è una cosa che abbiamo capito di Delta è che è meno pop e più intimista dei precedenti lavori...
Questo videoclip presenta tutti i parametri tipici dei depeche; è abbastanza sensuale, ma il serpente potevano evitarselo perché fa senso...
Comunque preferisco molto di più il seguente pezzo:


Se vuoi il potere senza alcun dolore 
Per quanto soffrirai? 
Per quanto aspetterai? 
È lei l’amica che conoscevo? 
Non posso essere allontanato 
Rimpiazzato da un altro 
Che indossi la corona 

Vado in un posto 
Senza sabbia 
Solo tu puoi raggiungermi 
Solo a te è permesso 
E sei lontanissima 
lontanissima da qui 
Ricordi 
Il tempo passato insieme senza lacrime? 

Quando cadrai 
Ti prenderò 
Non devi cadere troppo lontano 
Puoi farcela 
Ci sarò 
Eri distrutta sin dall’inizio 

Ed eri una bambina 
Che sognava tutto il giorno 
sognavi sul futuro 
Ti perdevi nei tuoi suoni 
Adesso è tutto finito 
Per te ormai è tutto perduto 
Le parole ormai sono state dimenticate 
Dimenticate in qualche modo 

Quando cadrai 
Ti prenderò 
Non devi cadere troppo lontano 
Puoi farcela 
Ci sarò 
Eri distrutta sin dall’inizio

Depeche Mode: nome e loghi del gruppo

Author: Grace / Etichette: ,

Beh, a volte magari capita di ascoltare band da anni e di non sapere nemmeno cosa significhi il loro nome (ma è importante dico io? L'importante è la musica...). 
La maggior parte delle volte, nella scelta del nome, i gruppi pensano a delle parole che suonino bene e siano facili da memorizzare, oltreché abbastanza rappresentative per quel tipo di musica, e i Depeche Mode non fanno eccezione: si sono scelti un nome francese dal suono suadente ed elegante.
Narra la storia che lo abbiano deciso dopo l'arrivo del frontman Dave Gahan, nel 1980: erano in un bar e tra le varie riviste ne notarono una di moda francese, "mode depeche" che sarebbe "gazzettino della moda", e che spesso viene erroneamente tradotto come "moda facile/veloce", per via della confusione tra la parola depeche e il verbo depecher (sbrigarsi).
Spiegazioni grammaticali a parte, suona molto più accattivante del loro nome iniziale: "Composition of Sound"!
+++
Per quanto riguarda il loro logo identificativo (ogni superband che si rispetti ne ha uno) bisogna dire che nel corso del tempo si sono veramente sbizzarriti, ma in linea di massima si sono sempre mantenuti su una grafica minimalista e "cool", ecco una carrellata:



Arriva Sound of The Universe, e arrivano pure i bastoncini: in sovrabbondanza nella cover così come nella scritta. Questo secondo me è il loro logo migliore e quello che dovrebbero adottare.



La rosa di Violator, il loro album cult, è sicuramente uno dei simboli distintivi della band, ma non solo strettamente riferita a quell'album (ad esempio si pensi al Best of del 2006 con la rosa blu).
La rosa è simbolo di grazia e bellezza, se è rossa come tutti sanno simboleggia l'amore passionale, le sue spine invece ricordano che non esiste bellezza senza lati spiacevoli.
Quella dei depeche coniuga eleganza e trasgressione: da notare che non si tratta propriamente di una rosa, ma della sua impronta e che se si guarda attentamente è "sezionata" in varie parti".
Lavoro di Anton Corbijn. E non c'è bisogno di dire altro.




Col magnifico Playing The Angel (uno dei dischi migliori che abbiano mai fatto), oltre alla scritta, nella quale le ricorrenti "e" sono sostituite dai trattini, si aggiunge pure l'omino stilizzato che, in riferimento al titolo, Dave definisce "un angelo che ha preso la scossa".


Ed ecco il logo dell'ultimo album, Delta Machine, tutto giocato sui triangoli e, ovviamente, sulle iniziali (sia del disco che del nome della band). La cosa che mi piace di più di questo glifo è l'accostamento del triangolo orizzontale coi due verticali...
Comunque la rielaborazione grafica del nome della band non si esaurisce certo qua, c'è n'è una differente pressapoco per ogni album (anche se quelle che vi ho mostrato sono le principali):


Ovviamente chi volesse aggiungere qualcosa è libero di farlo; spero presto di poter dedicare un post alle copertine degli album, che mi appassionano molto.

THE DEPECHE MONTH

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Non perdetevi lo speciale sui Depeche Mode
Fino al prossimo mese tutti i post 
del Ventaglio sono dedicati a loro!

Ogni tanto il blog ospita degli speciali, dopo quello dedicato a Marilyn Monroe e dopo quello del mese scorso sui Green Day, che si è appena concluso, ora è il turno dei Depeche Mode!
Stavolta non ci sarà la pubblicazione di un post al giorno, ma ovviamente spero di offrirvi articoli, interviste, gallery e altro materiale degni del vostro interesse...  Come al solito tutti i commenti sono più che graditi. ENJOY DEPECHE!

Green day live alle Capannelle (05/06/2013)

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Dopo un'incredibile odissea alla stazione Termini e quasi un'ora di taxi persa nello spaventoso traffico di Roma, ecco finalmente profilarsi l'Ippodromo dove si terrà il concerto di quella che, da dieci anni ormai, è la mia band preferita... e appunto era da dieci anni che aspettavo questo momento, per una cosa o per l'altra, tardava ad arrivare, STAVOLTA CI SONO RIUSCITA!
Purtroppo mi sono persa completamente l'opening-act (gli All Time Low), sono arrivata appena in tempo perché cinque minuti dopo, alle 21.30 ecco salire sul palco il coniglio rosa che come di rito preannuncia l'arrivo del gruppo... Ed eccoli, ad uno ad uno, materializzarsi: Trè, Mike e Billie Joe!
Io mi trovavo dal lato di Mike, che è stato quello meno "attivo", come ci si poteva aspettare, ma riuscivo lo stesso a vedere bene sia Billie (che comunque girava il palco in lungo e in largo), sia il mio adorato Trè, il quale ad un certo punto, venendo verso il nostro lato si è persino esibito in un istantaneo balletto "stile can-can".
L'attacco è con 99 Revolutions, a cui poi seguirà Know Your Enemy... la prima osservazione che, incredibilmente, devo fare, è che il suono non si sente perfettamente come dovrebbe, non so se per l'ampiezza esagerata del luogo, se per la mia posizione (possibile?) o semplicemente per la qualità dell'impianto. Quello che posso dire è che ho assistito ad altri concerti in cui l'acustica era migliore, inoltre anche la voce di Joe non era sempre perfettamente udibile...
Ma ciò non ha tolto nemmeno un grammo all'adrenalina trasmessa dalla band durante le quasi due ore e mezzo (!) di concerto più due fantastici bis; io me le sono godute, eccetto per una pazza che ad un certo punto mi ha rovesciato la birra sui capelli. Fregandomene di lei e del fatto che ero lontana dalla "bolgia" davanti al palco (piena di ragazzine che urlavano come ossesse) ho saltato come un'invasata, tanto che due giorni dopo mi sono presa la febbre... 
Come sempre intorno a me c'era qualcuno che è rimasto immobile come una statua per tutta la durata del live (ma che lo pagano a fare il biglietto???), inoltre sono pure rimasta sorpresa di essere  una dei pochi a cantare i testi...
La scaletta:

  • 99 Revolutions
  • Know Your Enemy
  • Stay the Night
  • Stop When the Red Lights Flash
  • Letterbomb
  • Oh Love
  • Holiday
  • Boulevard of Broken Dreams
  • Stray Heart
  • Nice Guys Finish Last
  • Waiting
  • Missing You
  • Burnout
  • Hitchin’ a Ride
  • Welcome to Paradise
  • Longview
  • Going to Pasalacqua
  • Knowledge (Operation Ivy cover)
  • St. Jimmy
  • When I Come Around
  • Basket Case
  • She
  • King for a Day
  • Shout / Teenage Kicks / Always Look on the Bright Side of Life / (I Can’t Get No) Satisfaction / Hey Jude
  • X-Kid
  • Minority
  • American Idiot
  • Jesus of Suburbia
  • Brutal Love
  • Good Riddance (Time of Your Life)


Come si può constatare, fortunatamente la band ha fatto pezzi da tutti gli album, fatta eccezione per Insomniac, con una netta prevalenza di American Idiot, Dookie, e naturalmente gli ultimi tre. Sono stata davvero contentissima di sentire i pezzi di Nimrod, così come di ascoltare i nove minuti di Jesus of Suburbia...
Mi reputo fortunata, perché hanno suonato tutti i brani che volevo ascoltare tipo Minority, She, American Idiot ecc...,  c'erano davvero tutti eccetto Wake Me Up When September Ends (peccato...).
Ovviamente era sui "pezzoni" come Boulevard... e Basket Case che si scatenava il putiferio, ma come ci si augurava  tutto il live è stato divertente e godibile: Billie Joe è il solito mattatore che non ha esitato ad utilizzare la bandiera italiana lanciatagli da un fan come un mantello, ringraziava il pubblico in continuazione, indirizzando bacetti a profusione. Forse la cosa che mi ha dato un po' fastidio è che incitava troppo spesso ai cori (troppa paraculaggine). Tutti invece si sono ingelositi quando ha regalato la sua chitarra ad un fan che aveva invitato a suonare sul palco (immagino che se la metterà in una teca come un oggetto sacro), comunque anche altri sono stati scelti per salire sul palco. Sono cose che la band fa ad ogni concerto.
Mike ha fatto il figo come al solito, ed anche i musicisti di supporto si sono dimostrati formidabili ma Trè Cool... era una vera macchina da guerra alla batteria! Quell'uomo non è umano! Ad un certo punto bisognava far salire qualcuno sul palco, ma la band non aveva smesso di suonare, allungando la canzone... e lui lì, e i suoi capelli verdi, come se niente fosse, che per dieci minuti continuava a battere sui tamburi! Mi sono bastati i primi due pezzi per confermare quello che ho sempre pensato: è lui il musicista migliore dei tre!
Comunque sia anche l'intonazione di Billie Joe era impeccabile, anche se ha fatto meno pazzie del solito... purtroppo!!! Uno dei momenti migliori è stata l'esecuzione di King For A Day, per la quale come fanno sempre, si sono vestiti da donna. Invece il medley secondo me lo potevano evitare: è una cosa inutile, sarebbe stato meglio se avessero suonato qualche altra loro canzone.
Dopo due fantastici bis, la chiusura ad effetto, come di copione, è affidata a Good Riddance e forse anche un po' per il testo del brano, mi sembrava di essere tornata adolescente... loro di sicuro a quarant'anni suonati continuano ad essere adolescenti e dal vivo trasmettono una carica pazzesca!

ALCUNE COSE CHE HO CAPITO DOPO QUESTO CONCERTO:

  1. I GD non sono un gruppo punk sul serio, di punk non c'è n'erano, neanche l'ombra, ma nemmeno di rockettari... ne ho trovati molti di più a concerti di band che si potevano considerare "meno rock"
  2. I GD sono un gruppo per famiglie nel senso che c'erano pure i bambini accompagnati: l'età del pubblico variava dai 7 ai 45 anni...
  3. Voglio andarci di nuovo!!!




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Author: Grace / Etichette: , ,